
Insomma, tirando le somme di quello che abbiamo detto finora, i reality sembrano essere la somma perversa di tutti i mali: istigano all’esibizionismo svergognato, indulgono in una rappresentazione stereotipata dei ruoli sociali, propongono modelli d’interazione basati sulla competitività a tutti i costi. Non solo. In linea con la tipica differenziazione dei prodotti di un’economia di mercato, i reality si sono negli anni moltiplicati a dismisura, al fine di toccare le molteplici corde di molteplici pubblici.
Ma i reality sono davvero il prodotto più becero e diseducativo della cultura popolare? Io ero convinta di questo, leggendo le tante critiche che circolano...
Secondo Steven Johnson, – autore di un fortunato libro dal titolo “Tutto quello che fa male ti fa bene” – invece, anche i reality show ci rendono più intelligenti.
Il bello dei reality è che sono simili ai videogiochi. I reality show - spiega Johnson - forniscono l’estrema testimonianza del dominio culturale dei videogiochi in questo momento storico. Così come nei videogiochi, in un reality le dinamiche di gioco non sono mai del tutto prevedibili. C’è una parte di trama, ovviamente - ma le regole dell’interazione tra i partecipanti rispondono all’imprevedibile alea della chimica delle personalità.
E allora il piacere di chi guarda sta insomma nell’osservare altri esseri umani che cercano disperatamente di orientarsi in un contesto in cui non esistono strategie vincenti a priori. Ingrediente chiave, proprio il lavorio più o meno strategico volto a scandagliare le regole del sistema per trovare punti deboli e opportunità.
E chi guarda, poi, partecipa con monologhi interiori del tipo “se fossi stato lì, mi sarei comportato in questo modo”. Monologhi che diventano spesso materiale di conversazione e di discussione. In un certo senso ci costringono a riflettere sui nostri comportamenti e i nostri valori.
Infine, molti reality si svolgono nelle più artificiali delle ambientazioni e spesso con svolte narrative decise dall’alto, artificiali anch’esse. Ma nonostante questo possiedono – conclude Johnson – sprazzi di autenticità emotiva, cui si deve buona parte del loro successo. Seducente è proprio l’autenticità non filtrata del linguaggio non verbale: l’occhiata rivelatrice, il breve sguardo di incredulità, uno sguardo accigliato rapidamente cancellato dal viso.
Una autenticità effimera, però.
Che di solito svanisce velocemente nella consapevolezza che la telecamera, da qualche parte, c’è.
Una autenticità da frazione di secondo. Che in fondo, però, ci basta - a confronto con le piccole grandi bugie dell’altra tv.
Anche il reality, pare, quindi, avere dei lati "quasi positivi"...Aspetto commenti, cosa ne pensate???